Il coronavirus oltre ad aver decimato l’industria dei viaggi, ha anche messo in ginocchio tutte quelle attività basate sul modello della sharing economy.
Il concetto di sharing durante l’epoca Covid ha necessariamente assunto una sembianza esclusivamente digitale e virtuale, abbattendo qualunque tipo di occasione e di pretesto di condivisione fisica di spazi ed esperienze.
Anche Airbnb, il portale online che mette in contatto persone in cerca di alloggi e esperienze turistiche con persone che mettono a disposizione spazi da affittare, non è stata risparmiata da questa pandemia, tanto che negli States si parla di Apocalypse Airbnb.
“Apocalypse Airbnb”
Secondo AirDNA, una società che analizza i portali di affitti online, le prenotazioni su Airbnb sono calate dell’85 per cento, e le cancellazioni sono vicine al 90 per cento: tanto che le entrate generate dalla piattaforma, nel solo mese di marzo, sono diminuite del 25 per cento (su base annua).
Sempre Airbnb ha speso 250 milioni di dollari in rimborsi ai proprietari di appartamento per i mancati introiti e per citare altro colosso della Sharing Economy, Uber ha licenziato il 14% del suo personale.
Le conseguenze sono state inimmaginabili ed eccezionali.
Da un lato è ormai diventata virale l’emozionale lettera, piena di tristezza e passione, scritta dal Ceo di AirBnb, Brian Chesky, che ha dovuto comunicare il licenziamento di 1900 persone su 7500 totali, più del 25% della forza lavoro.
Questo uno dei passaggi: «Per quanto queste azioni fossero necessarie, è divenuto chiaro che avremmo dovuto andare oltre quando abbiamo affrontato due verità difficili: non sappiamo esattamente quando i viaggi riprenderanno. Quando riprenderanno, funzioneranno in modo diverso. Anche se sappiamo che l’attività di Airbnb si riprenderà completamente, i cambiamenti che subiranno non sono temporanei o di breve durata. Per questo motivo, dobbiamo apportare modifiche più fondamentali a Airbnb riducendo le dimensioni della nostra forza lavoro e concentrandola su una strategia aziendale più mirata».
User eXperience e Covid
Dall’altro lato quindi, Airbnb che in poco più di 10 anni di esistenza è arrivata ad essere valutata 31 miliardi di dollari (2017), ha dovuto completamente trovare delle contromisure: ripensare il suo modello di business e di conseguenza la sua UX.
È su questo punto che mi piacerebbe condividere con voi alcuni passaggi che a livello di User Experience Airbnb ha messo in atto per far fronte a questa apocalisse.
Prima di parlare però della UX di Airbnb ai tempi del Covid, mi piacerebbe fare due passi indietro e prima di tutto dare una definizione di partenza della UX, in modo da essere allineati su un tema che negli ultimi anni è sulla bocca di tutti a livello digital ma che ha sempre bisogno a mio avviso di essere inquadrato nella sua vera natura.
In secondo luogo mi piacerebbe evidenziare anche altri passaggi fondamentali che Airbnb, che da questo punto di vista dobbiamo considerare un modello, ha già affrontato gli anni scorsi a livello di UX e che hanno dato uno straordinario boost alla notorietà del brand e soprattutto al suo fatturato.
UX: la soddisfazione dell’utente
Partirei con la definizione che uno dei padri della UX, Don Norman, dà sul tema della User Experience: «È tutto! È il modo in cui vivi il mondo, è il modo in cui vivi la tua vita, è l’esperienza che vivi usando un servizio o un’app o un’interfaccia. La UX è un sistema, è tutto».
Ecco quindi che con questa definizione, la UX si scrolla un attimo di dosso una mera dimensione digitale che sta assumendo negli ultimi tempi e si assume la responsabilità di progettare l’esperienza dell’utente in tutti i touch point che questo ha con il prodotto o il servizio con cui si interfaccia
Dato che la UX è l’insieme delle relazioni tra l’utente e il prodotto/servizio e le emozioni che derivano da questa relazione, l’obiettivo della UX è quello della soddisfazione e dell’appagamento dell’utente.
I fattori di cui bisogna tener conto in questa relazione esperienziali sono diversi.
Prima su tutti l’usabilità, che dà già una prima risposta all’interazione tra servizio/prodotto e persona. Se un’interfaccia fosse difficile da usare o poco intuitiva, l’esperienza dell’utente ne risentirà in maniera sostanziale, e di conseguenza la sua soddisfazione.
Inoltre ci sono anche dei fattori che definirei soggettivi e variabili: la sfera individuale impatta moltissimo sull’esperienza utente. qui entra in gioco anche il mood e la sfera emotiva dell’utente.
Così come il contesto, sia esso culturale, economico o sociale. Immaginate quanto fosse ad esempio diversa l’esperienza utente di una qualunque abitudine quotidiana, come fare la spesa nel nostro negozio di quartiere o al supermercato, prima dell’era pandemica.
Se questi sono i fattori che definiscono la User Experience, altrettanto fondamentali sono gli elementi attraverso cui si può manifestare la User Esxperience, soprattutto dal punto di vista del marketing e del branding digitale.
Nel libro “UX Designer”, di Pasquini, Giomi e Caratozzolo, le competenze attribuite allo UX designer sono:
- Psicologia cognitiva
- Interaction design
- Comunicazione
- Usabilità
- Visual Design
Quindi, la quantità di informazioni passate all’utente, la modalità di questa trasmissione, il visual, i microcopy, la facilità di fruizione sono tutti elementi di dettaglio che contribuiscono a definire una buona o una cattiva UX.
Airbnb: le contromisure all’apocalisse
Il board di Airbnb ha risposto fin da subito cercando di plasmare le sue offerte alle necessità di contesto che la pandemia ha generato. Non aspettatevi che queste soluzioni abbiano portato l’azienda fuori dalla crisi, destinata anche a lasciare strascichi a medio-lungo termine, ma sicuramente sono un ottimo esempio e caso studio a mio avviso di come la User Experience soprattutto in un periodo così turbolento, come ha detto Don Noerman, sia “tutto”.
Innanzitutto l’azienda si è mossa per connettere la necessità di ricerca di alloggi da parte del personale sanitario all’offerta degli host, azzerando il costo delle commissioni.
Inoltre Airbnb, per offrire delle soluzioni alla necessità di home e co-working, ha pensato di permettere la riconversione degli alloggi in uffici diffusi per chi lavora da remoto.
Infine l’ampio ventaglio di proposte di esperienze online è uno dei punti di maggior interesse, a mio avviso, da un punto di vista della User Experience.
Questo uno screenshot della home attuale di Airbnb
“Il mezzo è il messaggio”
La celebre tesi di Marshall McLuhan “Il mezzo è il messaggio” è perfettamente calzante per descrivere l’offerta attuale di un’azienda come Airbnb, che non avrebbe nessun’altra possibilità di affrontare questa pandemia se non attraverso una conversione digitale delle sue esperienze.
Convivialità, condivisione, comunità, internazionalità: queste parole chiave che caratterizzano l’identità e i valori trasmessi da Airbnb hanno dovuto adattarsi al canale e all’esperienza digitale.
Proviamo a capire come dando un occhio all’attuale sito di Airbnb.
Nella pagina Esperienze Online, è secondo me azzeccatissimo l’utilizzo di immagini che danno un respiro di internazionalità attraverso la valorizzazione dei tratti somatici delle persone di diverse parti del mondo e l’utilizzo di determinati microcopy come “possiamo fare insieme”.
Questo permette di mantenere una fortissima aderenza alla brand identity dell’azienda, immergendo comunque l’utente nella ricerca della soddisfazione dei suoi desideri di nuove esperienze.
Ed è così ad esempio che Airbnb ti offre di fare un salto in Messico per un corso di cucina per preparare tacos da street food con una chef professionista oppure di fare una visita in Vaticano con la tua famiglia o i tuoi bambini per scoprirne l’arte e la storia.
Il ventaglio di proposte di esperienze online è veramente pazzesco e curioso, vi consiglio di dargli un’occhiata.
Airbnb e la UX: una connubio vincente da sempre
Airbnb non è nuova a importanti innovazioni in ambito UX, grazie alle quali talvolta è stata in grado di dare una svolta alla sua storia.
Questo è il caso di pochi anni fa.
Nel 2009, infatti i primi dati analizzati dall’azienda che non riusciva a decollare dicevano che New York fosse la destinazione in grado di raccogliere meno attenzione da parte degli utenti.
Si capì che uno dei motivi erano le foto degli annunci: buie, poco curate e di bassa qualità. Il solo fatto che i due founder designer decisero di andare casa per casa e scattare foto professionali portò le prenotazioni a un aumento del doppio o del triplo e alla fine del mese il fatturato era raddoppiato.
Nell’estate 2010 Airbnb offrì agli gli host la possibilità di richiedere un professionista che fotografasse il loro spazio. Da 20 fotografi iniziali, si passò a 2.000 fotografi freelance nel 2012. Questo cambio ebbe un impatto positivo fortissimo sulla User Experience all’interno del sito di Airbnb e sul conseguente consolidamento della fiducia che l’utente iniziò a riporre nel brand.
Come abbiamo potuto analizzare, anche in questa epoca pandemica Airbnb sta cercando delle risposte efficaci alle nuove e inaspettate necessità del mondo e della sua utenza, stimolando nuove ricerche, analisi e soluzioni.
Vedremo come la UX sarà in grado di rispondere per promuovere una rinascita di alcuni modelli di business come quelli della sharing economy.
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