Testimonial vs Influencer: quella che sembra essere una vera e propria guerra in realtà è più una “semplice” evoluzione.
La figura dell’influencer nasce proprio da quella più tradizionale e “classica” del testimonial: un personaggio famoso del mondo dello spettacolo che mette a disposizione la propria immagine pubblica per raccontare un prodotto, un brand o marchio già riconosciuto, utilizzando e condividendo le proprie qualità personali.
E in cosa si distingue oggi un influencer? In sé il “lavoro” di questa figura non ha nulla di diverso dalla funzione di un testimonial. Ciò che è cambiato è il panorama mediatico che ci circonda: siamo infatti passati da una comunicazione basata sui mass media classici come radio, tv, cinema e stampa, ai social media.
L’evoluzione 2.0 ha trascinato con sé anche i protagonisti della comunicazione: non solo i brand ma anche coloro che li affiancano; quindi, in questo caso, i nuovi influencer.
Mass media e Influencer marketing
La figura del testimonial nasce nel 1957 con Carosello, il primo programma televisivo pubblicitario italiano andato in onda sulla RAI. Si parla quindi di un fenomeno mediatico che coinvolgeva il mass media TV che aveva la funzione di lanciare un messaggio pubblicitario, organizzato in sketch comici sullo stile teatrale leggero o dell’intermezzo musicale.
I corti televisivi impegnavano set e maestranze (esattamente come le più classiche produzioni cinematografiche) e quindi registi, personaggi e sceneggiatori di fama, scelti per notorietà e capacità recitativa.
Con il passare del tempo è stata l’identità del testimonial a fare la differenza: ecco quindi che, a seconda dell’intento e della strategia di marketing scelta dal brand, è stata richiesta a questi personaggi non solo la notorietà che li accompagnava, ma che competenze tra cui la dote di catturare l’attenzione del consumatore grazie alla propria capacità di rassicurarlo, convincerlo e fidelizzarlo.
Il testimonial era ed è tutt’oggi un personaggio famoso, il consumatore tipo e/o un esperto di settore che garantisce la qualità di un prodotto e l’affidabilità di un brand “mettendoci la faccia”. Sfruttando la propria immagine, prova (e riesce!) a incrementare la notorietà del marchio.
Investire di autorevolezza il settore o il prodotto di consumo aveva la funzione di trasferire a esso la popolarità del personaggio famoso che lo rappresentava, catalizzando l’attenzione del target di riferimento.
Tra celebrità ed esperti di settore, nel tempo, si fece strada anche un’altra tendenza: quella del personaggio inventato, di fantasia, facilmente riconoscibile dal pubblico e utilissimo nel caso in cui l’intento fosse aumentare la familiarità con il brand o collegandone alcuni attributi a caratteristiche specifiche del prodotto da lui pubblicizzato.
Social media e influencer Marketing
Cosa è cambiato oggi? Quando parliamo di marketing quindi testimonial e influencer hanno qualcosa in comune?
La diffusione dei social media ha connesso gli utenti, ha permesso loro di interagire, di scambiarsi informazioni e socializzare. La possibilità di crearsi un’identità e un profilo digitale apre quindi a tutti l’opportunità di “essere qualcuno” e, con i giusti contenuti, diventare una celebrità del web.
Ecco quindi la sostanziale differenza tra testimonial e influencer. Se per i primi la celebrità era un valore riconosciuto dall’esterno – per essere famoso qualcuno doveva renderti tale – oggi è più selfmade. L’influencer si fa da sé, dimostrando le sue capacità in un settore o di conoscere molto bene un argomento per il quale è in grado di dare addirittura consigli.
Se il testimonial recita un copione, l’influencer parla direttamente con il pubblico, che ha delle aspettative e non vuole essere deluso. Per questo motivo l’attendibilità di un influencer è ciò che lo rende autorevole e rispettabile.
Tuttavia ha molto più appeal proprio perché, svincolato dai circuiti commerciali, la sua opinione e i suoi consigli sono disinteressati e basati principalmente sulla propria esperienza personale.
Inoltre, l’influencer è molto più vicino al pubblico, condivide momenti di vita e interagisce con i follower quotidianamente con un linguaggio amicale. Questo legame di fiducia condiziona molti pensieri e scelte dei fan ed è proprio su questo principio che si basa l’influencer marketing: far nascere nell’utente un desiderio incontenibile di imitazione e possesso di quel prodotto/servizio.
Case Influencer Marketing Study: l’ascesa di Chiara Ferragni
L’influencer pubblica foto, video, trasmette in diretta, accetta il dialogo, si apre e risponde: come il testimonial, fa della sua immagine il riferimento per un brand ma in più è blogger, videomaker, fotografo, creatore di contenuti e utilizza i suoi canali digitali personali per far sentire la sua voce, spesa a favore di argomenti di interesse pubblico. Più acquisisce autorevolezza più diventa riferimento per quel campo o settore di interesse.
L’esempio più chiaro è l’ascesa di Chiara Ferragni. Nata come blogger, che apre il suo blog di moda The Blond Salad nel 2009 dando consigli di lifestyle e abbigliamento con un linguaggio semplice e atteggiamento umile, diventa in poco tempo un vero punto di riferimento per quel settore.
Con lei nasce la figura dell’influencer che trasformerà la sua immagine in un riferimento per gli utenti del web e dei social quando si parla di moda. Il suo carisma e la semplicità, che l’avvicinano alle persone comuni, le han permesso di sfatare il mito della ragazza bionda, bella, ma poco intelligente sostituendo questo falso mito con un appellativo molto più degno della sua figura: “protagonista femminile del lusso digitale” come la definisce il Financial Times.
Influencer e neuromarketing: focus sulle emozioni
Il ruolo e l’attività degli influencer esplora ed evidenzia come gran parte della pubblicità che si fa in rete sia organizzata tenendo conto dei meccanismi cognitivi che influenzano i pensieri e i comportamenti degli utenti.
Ecco perché, anche nel caso dell’influencer marketing si entra nel campo del neuromarketing, ovvero di quella specialità del marketing che studia la reazione degli individui sottoposti a stimoli e individua le strategie di vendita che i brand mettono in atto partendo proprio dalle queste immediate reazioni.
Nello specifico, nel caso degli influencer, si parla di effetto carrozzone: il principio per cui emulare i comportamenti di una persona o di più persone riconosciute pubblicamente per la loro autorevolezza, porta gli utenti a voler comprare quel prodotto o a seguire quel marchio perché è l’influencer a utilizzarlo, prima ancora di apprezzarne qualità e caratteristiche intrinseche utili.
È evidente quindi come siamo di fronte a un cambiamento davvero radicale del marketing. Le persone oggi sono molto più influenzate dall’autorevolezza del soggetto piuttosto che dell’oggetto. Focus sulle persone quindi, sul loro modo di comunicare e sul dialogo, facendo molto meno attenzione alle comunicazioni prettamente commerciali messe in atto dai brand. Gli influencer hanno un ruolo sempre più pesante nel processo di awereness, perché offrono più conoscenza qualitativa di marca e prodotti.
Su cosa si sta puntando quindi? Sulla lettura e sul controllo delle emozioni (la parte più irrazionale di noi) che condizionano i processi di acquisto. Lavorare sui contenuti emozionali è la nuova frontiera del web marketing, sfruttando gli influencer come mezzi e le tecniche del neuromarketing come strumenti.
La persona giusta al posto giusto e nel momento giusto è determinante in ogni campagna di influencer marketing.
E tu che esperienza hai con l’influencer marketing? Hai mai considerato di utilizzare questa strategia per comunicare il tuo brand?
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