Immagina di essere alle porte del labirinto del marketing: sai per certo che nel centro del groviglio di strade, tra le alte mura, potrai trovare tutte le risposte che hai sempre cercato per far crescere la tua attività.
Prima di addentrartici ti vesti della tua armatura e, cosa più importante, srotoli una matassa che si riduce a filo rosso, che ti lega a qualcosa che non vuoi perdere e che conta più di ogni altra: la tua moralità.
Nell’era del digitale, infatti, i consumatori non comprano più solo il tuo prodotto.
Cercano – e successivamente comprano – l’esperienza e il mondo d’ispirazioni che il prodotto rappresenta.
Il settimo continente, quello della rete, è sempre più attento alle problematiche ambientali e alle tematiche sociali relative ai diritti umani.
Le questioni sociali sono sempre interessanti e affascinanti da esplorare per le aziende ed è necessario conoscerle per anticipare il cambiamento storico a cui stiamo andando incontro.
Ma come possiamo addentrarci nel labirinto “non perdendo il nostro filo rosso”?
Seguendo il filo rosso: cos’è la Brand Activism?
La brand activism è una strategia che consiste nell’accostare alle azioni di creazione del prodotto, campagne di sensibilizzazione su tematiche di attualità.
L’idea alla base della brand activism è quella di affiancare al profitto della tua attività un messaggio che possa rendere la clientela più sensibile alle cause che sostieni.
Fare brand activism non è solo un modo di fare, è un modo di essere.
Le centomila ragioni
Le ragioni che portano i brand ad attuare questa strategia sono si legate all’idea di migliorare il pianeta, ma seguono principalmente il cambio di rotta intrapreso dai consumatori.
Il mutamento è strettamente legato a una rinnovata mentalità della clientela.
Non parliamo solo delle generazioni più giovani, ormai sempre più attente a queste tematiche, ma di tutta la popolazione.
Il nuovo imprenditore è chiamato a confrontarsi con nuovi compratori che rivolgono sempre più attenzione al pianeta e ai diritti civili.
In che modo, quindi, possiamo avvicinare la nostra attività alle tematiche sociali e, soprattutto, quali sono?
La luce nel buio del labirinto: le 4 aree della Brand Activism
Secondo Philip Kotler, quarto guru del management di tutti i tempi secondo il Financial Times e pioniere del marketing sociale, e Christian Sarkar, che nel loro Brand Activism: From Purpose to Action sviscerano al meglio le tematiche dell’attivismo delle grandi compagnie, ci sono quattro aree specifiche in cui un’azienda può operare:
1 – L’attivismo ambientale: riguarda tutte le misure che una azienda decide di attuare per ridurre l’impatto sull’ambiente, risparmiando su risorse preziose quali acqua, suolo e inquinamento dell’aria
2 – L’inclusione sociale: questa area specifica riguarda tutte le lotte contro la discriminazione di etnia, la sanità e l’istruzione
3 – L’attivismo aziendale ed economico: tutte le tematiche relative alla trasparenza aziendale, alla giusta retribuzione per i lavoratori e sulla ridistribuzione della ricchezza
4 – L’attivismo politico e legale: tutte le cause relative alla rappresentanza di partiti o di ideologie politiche, tutte le leggi che incidono sulle aziende e sui posti di lavoro
Le aree in cui un’azienda può impegnarsi sono molteplici, ma come è possibile creare un legame tra queste tematiche e la tua attività?
3 esempi celebri di Brand Activism
Spesso le idee migliori nascono da un’ispirazione leggendo e studiando chi, prima di noi, ha provato ad attuare strategie nuove e ha ottenuto risultati degni di nota.
Ecco 3 esempi celebri di brand activism che possono ispirare la tua comunicazione aziendale.
1 – Nestlè, tutta da riciclare
Nestlè, azienda multinazionale attiva nel settore alimentare, ha concentrato il suo brand activism sul riciclo degli imballaggi e sui danni ambientali causati dall’abbandono della plastica.
Questa nota compagnia ha previsto che, entro il 2025, utilizzerà l’intero budget nel riciclo o nel riutilizzo delle confezioni dei propri prodotti.
Le ottime ragioni che spingono l’azienda a impegnarsi nel sociale non sono solo di stampo ambientale: 2 consumatori su 3 dichiarano di fidarsi maggiormente dei brand che promettono pubblicamente di essere sostenibili.
I brand che si impegnano a sostenere l’ambiente e lo fanno in modo chiaro, informativo e persino innovativo, scegliendo e schierandosi a favore del riciclaggio (è solo uno degli esempi), sono ben posizionati sul mercato; e le vendite ne beneficiano.
2 – Patagonia, mille vite per lo stesso prodotto
Patagonia è una famosa azienda tessile statunitense specializzata in abbigliamento sportivo Outdoor e il pubblico a cui si rivolge è molto attento alle tematiche ambientali.
Proprio per questo motivo, l’azienda ha deciso di utilizzare strategie green costruendo centri di riparazione dei loro prodotti in tutto il globo, aumentando la longevità dei prodotti e riducendo le emissioni di anidride carbonica.
3 – Nike: Just do it
Nike è un brand che sicuramente non ha bisogno di presentazioni.
Nel 2018 è finita nell’occhio del ciclone mediatico proprio per aver attuato una campagna di Brand Activism scegliendo come volto per il suo nuovo spot pubblicitario Colin Kaepernick.
Colin, giocatore di football americano, è diventato famoso nel 2016 per un’azione inusuale che praticava prima di ogni match: per mettere in luce la brutalità attuata dalle forze dell’ordine nei confronti delle minoranze etniche, il quarterback si inginocchiava al suonare dell’inno pre-partita.
Nike, essendo ben cosciente della possibilità di perdere clienti e di risentirne in borsa, ha voluto schierarsi scegliendo Kaepernick come testimonial, rimanendo pienamente coerenti al motto aziendale: Just do it.
Perdere il filo: non è tutto oro quello che luccica
Anche le strategie migliori, se usate in maniera o in contesti sbagliati, posso ottenere effetto opposto a quello desiderato. Un esempio palese è l’iniziativa di Starbucks Race Together del 2015, un epico fallimento.
L’idea di base partiva dagli ottimi propositi di aprire un dibattito sulle tematiche razziali scrivendo l’hashtag #racetogether sui famosi bicchieri del brand.
Questa iniziativa ha subito attirato accuse di opportunismo rivolte alla più famosa catena di caffetterie nel mondo, così pesanti da costringere Starbucks a interromperla bruscamente.
Il fallimento di Starbucks rende ben chiaro che le campagne improntate al brand activism funzionano se rispecchiano i valori e le politiche aziendali realmente adottati dalle aziende.
Cavalcare l’onda con fini opportunistici può essere un’arma molto pericolosa per una attività.
Numeri per il sociale
A fronte di consumatori sempre più informati, consapevoli e attenti, occuparsi e preoccuparsi di temi sociali è ormai routine.
L’imminente era del nuovo marketing sarà dominata dalle attività che sapranno coniugare la mission aziendale con obiettivi sociali mirati.
Vediamo insieme qualche dato:
- l’87% dei consumatori ritiene che le aziende dovrebbero concentrare le stesse forze che utilizzano per il proprio business per migliorare le risorse ambientali.
- il 47% afferma di comprare periodicamente da marchi noti per l’impegno sociale.
- il 91% dei compratori afferma che, dovendo scegliere tra due aziende che producono un prodotto nella stessa fascia di prezzo, opterebbe per quello che sostiene una giusta causa.
Quello che si evince è che l’era dei social media ha reso il consumatore un membro attivo, protagonista della scelta di marchi che decidono di mettersi in prima linea nella battaglia per il miglioramento delle condizioni del pianeta.
La luce in fondo al labirinto
La chiave di questo radicale cambiamento si nasconde nel capire e venire incontro al target a cui ci riferiamo, dimostrando in modo autentico e trasparente la dedizione verso la causa.
Avevi mai pensato di attuare la brand activism per la tua attività?
Se vuoi intraprendere questa strategia noi di OTO possiamo aiutarti a creare il giusto percorso per avvicinare le persone al tuo brand.
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